La speranza è l'ultima a morire?

lunedì 4 gennaio 2010 di Giangiacomo
Un post di qualche giorno fa dell'amico zundapp, mi ha stimolato a parlare di qualcosa che mi riguarda profondamente.
Non che mi faccia piacere o che mi addolori particolarmente discutere di tale argomento che ormai fa parte "integrante" della mia vita, ma sono però in generale abbastanza prudente a parlarne con persone che non conosco, proprio per evitare che qualcuno possa sentirsi "violentato". Oppure, peggio ancora, per evitare di sentirmi tacciare di "protagonismo", così come già accadutomi in passato...
Potrei infatti benissimo dare ragione a chi, sentendomi raccontare di un mio grave malanno, potesse chiedermi il perchè lo stia terrorizzando parlando della "malattia del secolo".
Il tono del post di cui sopra, mi ha però indotto a credere che forse parlare della conclusione positiva della mia esperienza, poteva in qualche modo essere d'aiuto. Motivo per cui, rifiutando il protagonismo di prima, sto pure scrivendo questo post.
Era il 1991 e in famiglia stavamo aspettando la nascita del secondo figlio e, proprio alle porte del Natale, ho avuto la "fortuna" di accorgermi che qualcosa non andava. Piccoli segnali. Peraltro rimasti unici. Fortunatamente non trascurati. Ma che sono stati l'inizio di un lungo e a volte tortuoso percorso durato più di dieci anni.
Un lungo periodo scandito da numerosi interventi, terapie e controlli.
E speranze. Sistematicamente interrotte e rinviate al successivo traguardo. Il penultimo dei quali circa sei anni fa.
L'ultimo (sempre e solo in ordine di tempo) invece al compimento di cinque anni consecutivi di tregua. Segno che l'ultima chemio aveva fatto il proprio dovere.
Eppure, tra i tanti "fastidi" fisici, quello che ricordo con maggior disagio era il "fastidio" di dover consolare chi, in preda alla paura per me, veniva a piangere da me e per me.
E io, pur figurandomi un'ipotetica data di scadenza stampata addosso (proprio come una mozzarella o uno stracchino...), mi ritrovavo a parlare in modo estraneo ed asettico, oltre che falsamente ottimistico, di qualcosa che mi rendevo conto mi riguardasse direttamente, ma che personalmente non riuscivo ancora nemmeno a configurare o lontanamente accettare. Almeno all'inizio...
Adesso è tutto alle spalle. E anche se ogni tanto il timore di ricaderci si fa vivo, so che questa è un'esperienza ormai conclusa.
E so anche la speranza non sia l'ultima a morire.
Ma, come dice oggi ancora zundapp in un altro post, "non bisogna fare bilanci, bisogna fare progetti".
E per quanto ogni tanto mi trovi a recriminare su alcune mie scelte, magari rimpiangendo altre non effettuate, io sono molto d'accordo con lui...
  1. tocchi un tema molto delicato e personale e questo ti fa onore. E' difficile dire qualcosa su questo argomento se non lo si è vissuto personalmente; per l'esperienza che ho, e che riguarda solo persone di famiglia, ci sono stati atteggiamenti molto diversi tra loro: talora silenzio e rimozione, tal'altre un atteggiamento sereno, di quelli che aiutano prima di tutto gli altri. Io, premesso che non mi ci vorrei trovare (ma non so cosa mi riserva il destino) credo, e sottolineo credo, sarei capace di ironizzare come ho fatto in altri momenti drammatici della mia vita.

  2. Sai, non è che ci sia molto da dire...
    Quando sei stato "beccato", non ti resta che adeguarti e sopportare ed attendere gli eventi.
    Posso dirti che la paura, quella vera, passa quasi subito. Lasciando il posto alla voglia (direi la necessità ineluttabile) di andare avanti. Talvolta quasi in modo strafottente.
    Certo, avevo meno di 35 anni all'inizio e un figlio in arrivo, oltre che un'altra piccolissima, erano un ottimo argomento di distrazione. Volente o nolente.
    Ma se adesso posso ancora raccontare, non sempre ho avuto questa certezza.
    Nonostante ciò, come tu dici, posso dirti che ho spesso ironizzato sull'argomento, pur avendo però molto imbarazzo nei confronti di chi abbia avuto certezze opposte.
    Sapessi quanti episodi grotteschi o imbarazzanti al limite del comico potrei raccontare.
    E non escludo di farlo...

  3. Apprezzo che tu abbia voluto condividere con noi questa tua esperienza.

  4. accidenti, due citazioni in uno stesso post, grazie. :-)
    la cosa che mi ha colpito di più e che mi sono annotato è il fatto che dovevi consolare chi veniva a piangere da te PER te. Per indole mia personale non corro grandi rischi, ma mi sono ripromesso di stare molto attento a non fare altrettanto. In ogni caso, parlarne non credo sia protagonismo anzi, può essere d'aiuto a tanti.

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